Palazzo di Città
già Residenza dei Gesuiti (1739-1765) e Convento dei Domenicani (1767-1867); edificato 1867-1894
Con testamento del 1717 Francesco Maria Iozzia (da Noto e sposato in Avola con donna Tommasa Basile) donò i propri beni, per fondare ad Avola, a beneficio dell’istruzione dei giovani, una residenza della Compagnia di Gesù o, in caso di rinuncia, un convento dell’Ordine di S. Domenico.
I Gesuiti, nel Marchesato d’Avola, pervennero nel 1723 e, presso la chiesa di S. Giovanni Battista, aprirono una scuola di grammatica. Nel 1739 donna Crescenzia Blandini (Avola †1758) diede loro i suoi possedimenti, fra cui i locali dell’isolato (sede dell’attuale Palazzo di Città) nel quale i Padri eressero il convento con una piccola chiesa. A tali beni i Gesuiti rinunciarono nel 1765; due anni dopo ne ebbero il possesso i Domenicani con l’obbligo di mantenere scuole di lettere e scienze (in esse si formò il botanico Giuseppe Bianca).
I Domenicani, perché ristretti, nel 1778 diedero inizio alla riedificazione degli edifici conventuali e a una nuova chiesa. Nel 1807, attiguo al chiostro (oggi “Villetta Comunale”), il magister Giovan Battista Santoro (Avola 1754-1832) progettò e realizzò, in “pietra giuggiulena” proveniente da cava di contrada Palma, otto volte a crociera poggianti su quindici pilastri. Ciò gli consentì di ottenere al piano terra un grande vano rettangolare, il “cenacolo” adibito attualmente a spazio polivalente; al contempo, nel piano superiore, il dormitorio dei frati, con ampio corridoio al centro e stanze ai lati, ora uffici del Comune.
Dopo l’Unità d’Italia, per volere del sindaco Calogero Gubernale, il plesso conventuale, con atto del 20 aprile 1867, fu destinato a ospitare il Palazzo di Città. Su progetto dell’ingegnere Salvatore Rizza (Avola 1830-1895) si approntarono le modifiche per accogliere pure gli uffici del Registro e della Telegrafia, la Pretura, le Scuole Elementari e il Teatro; nel 1869, per aumentare il decoro della Casa Comunale, si deliberò di edificare, sulla Strada Cassaro (Corso Garibaldi), il prospetto con l’ingresso principale.
La facciata, disegnata dal Rizza in stile neorinascimentale, presenta nel primo livello un paramento lapideo a bugne orizzontali scandito da cinque aperture; al centro, tra coppie di lesene tuscaniche, si impone il portale d’ingresso; medesimo assetto compositivo è riproposto al primo piano, dove gli stipiti delle porte sono sovrastati da un aggettante frontone triangolare. Fra le lesene, con capitelli ionici, vi sono pannelli lapidei rappresentanti, a bassorilievo, i simboli dell’Istruzione e dell’Edilizia. L’insieme, in alto, è concluso da una balaustra e, nella parte centrale, dallo stemma della città in pietra calcarea iblea, nuovamente scolpito nel 1989 da Salvatore Cultrera (Canicattini Bagni 1921-2000).
Il Palazzo di Città nel 1883 fu completato dallo scalone “a rampe contrapposte” che, elegantemente, unì l’atrio al primo piano. A ultimare l’intera fabbrica municipale furono infine il prospetto della Pretura (1892) e una gran cisterna (1894); posta all’esterno, oltre l’atrio, la cisterna si era resa necessaria anche per «l’innaffiamento della villetta», che aveva sostituito il settecentesco chiostro.
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